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Messaggio: gli auguri del Vescovo

“Nel Natale di Gesù la radice di ogni nostro rinascere”

Per il Natale 2021, vi auguro di diventare voi stessi un augurio di Natale. Un augurio è l’espressione del desiderio che alla persona a cui viene rivolto accada qualcosa di bello (non voglio nemmeno prendere in considerazione auguri di male…). Ci auguriamo, quindi, semplicemente di passare bene la festa del Natale. È già molto, ci sembra quasi difficile da esprimere in tempi così complicati come i nostri, soprattutto se incontriamo persone che in vario modo vivono la precarietà dell’esistenza a causa della malattia, della solitudine, di qualche difficoltà o crisi familiare, sociale, economica. Sentiamo, a partire dalla nostra fede, che quello che si festeggia è veramente importante, e quindi desideriamo che il contenuto celebrato possa riverberarsi sull’esistenza di chi lo festeggia. A volte ci basterebbe un po’ di serenità e di quiete. Ma no, non basta ancora. Allora desideriamo per gli altri che i loro desideri più cari possano realizzarsi in quel giorno. Auguriamo in fondo che accada qualcosa che scaldi il cuore, che dia luce e calore, che regali alla vita un colore e una musica carichi di affetti, di pace, che aprano al sorriso le persone care, soprattutto quelle più provate dalla vita. Poi ci diciamo subito che la pace e la gioia non possono limitarsi ad un giorno solo.

Qualcuno ne trae la conseguenza di rinunciare del tutto agli auguri.

Andiamo invece avanti. Andiamo in profondità del nostro desiderio di bene, per noi e per gli altri. Andiamo alle radici della possibilità di questo bene: il Signore Dio prende parte alla nostra vita, diventa uno di noi, il bambino Gesù, l’uomo vero. Lui prende le nostre parti. Quelle dello scartato, del debole, del piccolo. Quelle di ciascuno di noi, di tutti. Non ci lascia più da soli, ci sostiene, ci accompagna, ci guida. Si dona. Diventa dono. Abbandonato in croce, abbraccia tutti. Risorto è veramente presente, per sempre, e apre la vita all’eternità. Lui si fa Natale, Lui si fa dono, Lui assume e realizza ogni desiderio. Lui è garanzia, fonte e meta di ogni augurio. Se metto il mio desidero di bene per chi riceve i miei auguri nel cuore del Signore Gesù, Lui è caparra di ogni mio augurio. Ed è Lui che raggiunge l’altro nel mio augurio, che non è più soltanto una formula consueta, ma diventa parola vera, che sgorga dal cuore.

E l’augurio non è più nemmeno soltanto parola, ma respiro dell’anima che mette in moto la mia disponibilità, il mio cuore e le mie mani, la mia fantasia e tutto il mio desiderio per vedere realizzato il tuo desiderio di bene.

E troverò il modo, magari semplice e discreto per farmi presente, veramente persona con te, con tutti, affinché ti possa accadere davvero qualcosa di bello, un’emozione, una luce calda, un sorriso nuovo ed insperato.

 

Nel Natale di Gesù di Nazareth, il Cristo, vero Dio e vero uomo, ci sia la radice di ogni nostro rinascere, ci sia il motivo di ogni sorriso, di ogni aiuto, di ogni gesto piccolo o grande di fraternità, ci sia il desiderio che si realizzi ogni desiderio di bene.

Auguro a noi tutti che possiamo diventare un augurio vero, incarnato.

Buon Natale!

Giornata del Seminario: una comunità che accompagna

Da settembre il nostro vescovo Michele mi ha affidato il compito di rettore del nostro Seminario vescovile. Non nascondo che questa responsabilità un po’ mi intimorisce, tuttavia ciò che mi consola è che l’impegno di accompagnare i giovani e i ragazzi nella ricerca della volontà di Dio è portato avanti da “una comunità educante” che si sforza di camminare insieme.

Tra i verbi che sintetizzano quanto ciascuno può fare per il Seminario e per il servizio di discernimento vocazionale voglio sottolineare l’importanza di scoprire la responsabilità di accompagnare giovani e ragazzi nella ricerca della volontà di Dio per la loro vita. Farsi presente, sostenere e accompagnare l’itinerario verso scelte autentiche è, dunque, per la Chiesa tutta un modo di esercitare la propria funzione materna generando alla libertà dei figli di Dio.

Le scelte
In questo nostro tempo, caratterizzato da un pluralismo sempre più evidente e da una disponibilità di opzioni sempre più ampia, il tema delle scelte si pone con particolare forza e a diversi livelli, soprattutto di fronte a itinerari di vita sempre meno lineari e caratterizzati da grande precarietà. Accompagnare per compiere scelte valide, stabili e ben fondate è, quindi, un servizio di cui si sente diffusamente la necessità e che riguarda l’intera comunità dei credenti, nessuno escluso.
Paola Bignardi, coordinatrice dell’Osservatorio Giovani dell’Istituto Toniolo, ci ricorda che «una delle sofferenze che portano (i giovani) è un sottile senso di solitudine, perché sentono che la generazione adulta non è disposta o non è preparata a essere un punto di riferimento per loro». Accompagnare personalmente un giovane è rispondere alla chiamata della vita, della propria vita. Esserci è generare alla vita. E’ trasmettere una vita capace di futuro. E’ dunque la comunità nel suo insieme il soggetto primo dell’accompagnamento, proprio perché al suo interno si sviluppa quella trama di relazioni che può sostenere il giovane o il ragazzo nel suo cammino e fornirgli punti di riferimento e di orientamento anche in riferimento al desiderio di diventare prete.

I semi e il terreno buono
Accompagnare non significa guidare i giovani come se questi fossero seguaci passivi, ma camminare al loro fianco, consentendo loro di essere i protagonisti della loro vita. Rispettare la libertà personale fa parte del processo di discernimento di un giovane. Un accompagnatore dovrebbe essere profondamente convinto della capacità di un giovane di prendere parte alla vita della Chiesa e coltivare i semi della fede nei giovani, senza aspettarsi di vedere immediatamente i frutti dell’opera dello Spirito Santo ma continuando ad adoperarsi a preparare un terreno buono cosicché il mistero della vocazione trovi la sua strada.

Nuovi percorsi da forgiare
A questo riguardo siamo chiamati tutti, comunità parrocchiali e Seminario, a essere creativi come gli artigiani forgiando percorsi nuovi e originali, una creatività dell’amore in grado di ridare senso al presente per aprirlo a un futuro migliore. Un impegno necessario al quale siamo chiamati tutti a dedicare nuove energie, senza cedere allo scoraggiamento.

don Luca Pizzato, rettore

“Preghiere di benedizione alla mensa” per la Settimana santa e il Tempo pasquale

Gli Uffici di Pastorale della Famiglia, Liturgico e Catechistico mettono a disposizione un piccolo Sussidio per la preghiera in casa prima dei pasti.

Benedire la mensa e benedire le persone con le quali condividiamo la nostra vita è dimensione importante della tradizione cristiana. Bene-dire significa dire-bene di Dio e delle persone. È un gesto semplice per ringraziare insieme il Signore per i doni che ci fa, per esprimere la nostra fede e pregarlo per gli altri.

La preghiera prima dei pasti può assumere un grande valore anche nell’educazione alla fede dei più piccoli, che possono comprendere di essere amati e custoditi da Dio che si prende cura dei suoi figli.

Vai alla pagina dell’ufficio Liturgico per saperne di più

 

Attività pastorali e celebrazioni in “zona rossa”: le indicazioni diocesane

Con l’ingresso in “zona rossa” di tutto il territorio regionale, anche le celebrazioni e le diverse attività pastorali devono tener conto di tale necessaria variazione.

Facendo riferimento ai Dpcm e ai precedenti decreti del Vescovo, che già avevano stabilito indicazioni chiare per le diverse attività e celebrazioni, si offre in allegato uno specchio riassuntivo con alcune opportune indicazioni, stilate dalla Cancelleria vescovile e dall’ufficio di Coordinamento per la Pastorale, in accordo con il Vescovo.

 

 


Mons. Cevolotto: ordinazione episcopale il 26 settembre a Treviso

Sabato 26 settembre alle ore 10 la nostra Diocesi vivrà la gioia dell’ordinazione episcopale di mons. Adriano Cevolotto, chiamato dal Papa a essere vescovo della diocesi di Piacenza – Bobbio. La solenne celebrazione si terrà a Treviso, nel tempio di San Nicolò, per permettere a un maggior numero di persone di partecipare, anche utilizzando gli spazi esterni del Seminario. Consacrante principale sarà il nostro vescovo, Michele Tomasi, co-consacranti l’Amministratore apostolico di Piacenza – Bobbio, il vescovo Gianni Ambrosio, e l’arcivescovo metropolita di Modena – Nonantola, mons. Erio Castellucci.

L’ingresso del vescovo Adriano nella diocesi di Piacenza – Bobbio sarà domenica 11 ottobre, con la solenne celebrazione eucaristica nella chiesa cattedrale di Piacenza alle ore 15.

Per entrambe le celebrazioni, nelle prossime settimane saranno date indicazioni per la partecipazione, in presenza o grazie alle dirette televisive e streaming, sempre tenendo conto delle limitazioni per contrastare i possibili contagi da covid 19

Mons. Adriano Cevolotto nuovo vescovo di Piacenza Bobbio: l’annuncio oggi in cattedrale

L’annuncio oggi a mezzogiorno, da parte del vescovo Michele Tomasi, nella cattedrale di Treviso, scelta per permettere a tutte le persone convocate di partecipare: mons. Adriano Cevolotto è stato nominato dal Papa nuovo pastore della diocesi di Piacenza – Bobbio.

La comunicazione è stata data in contemporanea nella Sala stampa Vaticana e nella sede del vescovado di Piacenza, dal vescovo Gianni Ambrosio, che ha rassegnato le proprie dimissioni al Papa per raggiunti limiti di età.

agenzia foto film treviso mons. adriano cevolotto nominato vescovo

Hanno voluto essere presenti anche i due vescovi emeriti di Treviso, che con mons. Cevolotto hanno collaborato: mons. Gianfranco Agostino Gardin e mons. Paolo Magnani.

Mons. Adriano Cevolotto, 62 anni, originario di Roncade, sacerdote da 36 anni, ha ricoperto negli anni a Treviso numerosi e importanti incarichi. Dal 2014 vicario generale, stretto collaboratore prima del vescovo Gardin ed attualmente del vescovo Tomasi, mons. Cevolotto è stato parroco a Castelfranco Veneto. In precedenza era stato rettore del Seminario di Treviso per 5 anni e segretario del vescovo Magnani.

Un lungo applauso dei presenti ha seguito l’annuncio della nomina da parte del vescovo Michele, a testimonianza della gioia e della stima e gratitudine verso mons. Cevolotto per il prezioso servizio donato alla diocesi di Treviso in questi anni.

agenzia foto film treviso mons. adriano cevolotto nominato vescovo

Il vescovo Michele ha iniziato il suo intervento con una preghiera di Charles De Foucauld (“Donami di conoscere Gesù”), che sarà proclamato santo il prossimo anno, una figura molto cara a mons. Cevolotto, del quale il Vescovo ha riconosciuto il vero amore per la Chiesa e la passione pastorale. “Portati dietro la parlata trevigiana, il cuore e la mente da parroco – il suggerimento del vescovo Tomasi -, la dimensione giusta per un presbitero che diventa pastore della Chiesa, portati il gusto e l’umiltà dell’incontro con le persone semplici che scoprono in te un amico, portati l’amore per Castelfranco, per il Seminario, la lealtà e il servizio nei confronti dei preti. Il periodo della pandemia ci ha costretti a condividere tanto, ci ha portati a una collaborazione ancora più stretta: abbiamo celebrato quotidianamente l’Eucaristia, condiviso la mensa e molte ore di lavoro insieme. Ho apprezzato la cordialità, l’ironia, la vita di preghiera. Grazie”. Il vescovo Michele ha confessato la sua personale difficoltà a separarsi dal suo più stretto collaboratore.

agenzia foto film treviso mons. adriano cevolotto

E ha concluso il suo saluto con le parole di Davide Rossanese, un giovane con la sindrome di down, amico di mons. Cevolotto che, quando quest’ultimo ha lasciato Castelfranco per diventare vicario generale, ha scritto una preghiera, chiedendo al Signore di “accompagnare lui nel suo nuovo incarico. Sostienilo e guidalo affinché senta il nostro abbraccio attraverso il tuo, come io e i miei cari abbiamo sentito il tuo abbraccio attraverso il suo”.

Il vescovo emerito di Treviso Paolo Magnani ha ricordato la vita di famigliarità con mons. Adriano, per nove anni suo segretario. Mons. Magnani si è detto felice per questo nuovo vescovo trevigiano chiamato a governare una diocesi italiana, accanto ad altri di origine trevigiana che hanno servito diverse diocesi nel mondo o sono stati impegnati nella diplomazia vaticana. Una ricchezza, questa, secondo mons. Magnani, che deriva da una tradizione diocesana che ha sempre curato la formazione del proprio clero. “Ecco la spiegazione, ecco i frutti! – ha esclamato -. Una scelta prima di tutto vocazionale e sacerdotale”.

Mons. Gardin ha avuto mons. Cevolotto come vicario generale per 5 anni: un’intensa collaborazione e condivisione. “Ti auguro di fare ancora più intensamente l’esperienza del pastore, di essere accanto alle persone, di annunciare Gesù Cristo, di fare comunione, perché è bello stare accanto alle persone: si sente palpitare il cuore del Buon Pastore che è Gesù”.

Mons. Cevolotto ha preso la parola con grande emozione, ringraziando per la numerosa presenza e per l’affetto. “La sensazione è di essere di fronte a una parete in montagna e di non vedere appigli, ma poi si comincia a salire e un po’ alla volta la strada si apre”. Il neovescovo ha poi ringraziato il Santo Padre “per la fiducia che ha espresso nella mia persona. Quello che sono lo devo a questa terra. Grazie a questa mia diocesi, a questo presbiterio che mi hanno generato nella fede e plasmato nell’identità presbiterale. Tutte le persone incontrate, le realtà, le associazioni sono state come le dita delle mani del vasaio, il Signore, di cui lui si è servito. Penso con gratitudine a questa storia. Pregate per me. E’ una bella sfida quella che ci attende in questo tornante della storia. Ho inviato un messaggio alla Chiesa di Piacenza Bobbio, esprimendo il desiderio di fare insieme questo cammino. Il Signore della storia ci sostenga ad osare”.

 

Il messaggio alla diocesi di Piacenza Bobbio

Mons. Cevolotto ha inviato un saluto “cordiale e trepidante alle sorelle e ai fratelli in Cristo della Chiesa che è in Piacenza-Bobbio”. Ecco alcuni stralci del suo messaggio:

“Oggi il Risorto si affaccia alla mia esistenza di prete – ha sottolineato – con una nuova vocazione: una chiamata a seguirlo che prevede un lasciare ed insieme è sostenuta da una promessa. La promessa di un centuplo. Ma questo centuplo c’è già! Siete voi. La promessa la vivremo insieme. La promessa del Signore è una Chiesa con una lunga storia sulla quale desideriamo costruire il futuro in una memoria grata”.

E riferendosi alla pandemia che ha colpito duramente il territorio piacentino, mons. Cevolotto scrive: “Giungo tra voi e trovo una comunità cristiana e presbiterale segnata dal lutto. Ma allo stesso tempo attraversata e rafforzata dalla testimonianza di carità e di dedizione di tante persone. Il mio saluto va innanzitutto a chi è stato attraversato nella propria carne e nei propri affetti dalla sofferenza”.

Non ha mancato di rivolgere poi “un saluto pieno di sincera gratitudine al Vescovo Gianni che mi ha preceduto e dal quale raccoglierò la passione per Gesù e il suo Vangelo e il testimone della fedeltà apostolica”.

Insieme ai sacerdoti, ai diaconi, ai consacrati, ai missionari, ai seminaristi e ai giovani, mons. Cevolotto ha voluto ricordare i genitori, gli sposi, e anche coloro che “per vari motivi si sentono poco o per nulla partecipi della vita ecclesiale. Il mio cordiale saluto e l’auspicio che potremo percorrere insieme sentieri di umanità, che potremo pensare e condividere progetti di convivenza civile, sociale e culturale, per aiutare la città e il territorio a ripartire con uno sguardo fiducioso verso una direzione da cercare insieme”.

 

L’annuncio a Piacenza del vescovo Gianni Ambrosio

“Al caro fratello Vescovo Adriano va il saluto mio personale, insieme a quello dei sacerdoti e diaconi, dei membri della Vita consacrata, dei fedeli della comunità ecclesiale e di tutti i cittadini di Piacenza e del territorio diocesano”: così il vescovo di Piacenza, Gianni Ambrosio, da oggi Amministratore apostolico della diocesi, ha salutato mons. Cevolotto, annunciando la sua nomina, nella cattedrale cittadina. “Lo accogliamo con grande gioia – ha aggiunto – e gli diciamo: “Benvenuto nel nome del Signore”. Da questo momento gli garantiamo la nostra quotidiana preghiera per sostenerlo nella missione che il Signore Gesù, Pastore dei pastori, ha affidato alla Chiesa, mandata ad annunciare e testimoniare l’amore di Dio che vuole salvi tutti gli uomini. Gli assicuriamo la nostra disponibilità a lavorare con lui per l’importante missione di Pastore di questa Chiesa. Il popolo piacentino ha una lunga storia di fede, di vita buona, di carità vissuta nel quotidiano, di laboriosità e di intraprendenza. In questo periodo così tribolato a causa della pandemia i piacentini hanno saputo dimostrare una grande solidarietà e una straordinaria generosità che sono le premesse per una rigenerazione della vita della nostra comunità”.

 

 

 

 

 


“Viviamo l’estate come un tempo di Chiesa, un tempo di cura reciproca, di racconto e di ascolto”: lettera del Vescovo

Ai fedeli della Diocesi di Treviso

Care sorelle e cari fratelli in Cristo,

non avete certo bisogno che vi scriva per dirvi che viviamo in un tempo difficile e strano. Riceviamo e ricevete tanti messaggi, tante riflessioni. Alcuni ci fanno molto bene, altri meno, altri ancora niente affatto.

Non è ancora il tempo di bilanci. Non so e non voglio ancora dare indicazioni, linee guida, programmazioni.

Vi chiedo di fidarvi di Gesù Cristo.

Che è stato crocifisso.

Che è risorto.

Che vive, ci ama e non ci abbandona.

Questa nostra vita è mistero. Forse ci eravamo sinceramente illusi di averla in mano, di poter superare prima o poi tutti i limiti della nostra condizione umana. Se solo avessimo avuto tempo a sufficienza avremmo trovato una soluzione per tutto. Possibilmente da soli.

Poi è venuto il silenzio di queste lunghe settimane.

Il silenzio in un mondo sempre in movimento, indaffarato, di corsa. Un silenzio che abbiamo dovuto abitare in qualche modo, lasciando da parte, all’improvviso tutti i nostri soliti ritmi, cercando questa volta dentro di noi la forza per vivere un tempo così strano da non sembrare quasi reale. Per qualcuno era il silenzio di chi è stato ricoverato, senza contatto con i propri cari, e senza che loro ne potessero più sentire la voce, vedere il volto, sfiorare la mano. E nemmeno salutare, alla fine.

Per quelli tra voi che lavorano negli ospedali e nelle case di riposo è stato un carico di lavoro quasi sovrumano, e il bisogno di trovare dentro di voi la forza, i gesti e le parole che rompessero quel silenzio, che aprissero ad una lieve voce di speranza, vivendo la distanza dalla casa, dagli affetti, mossi dalla responsabilità di un lavoro svolto con dedizione estrema, convivendo con il timore di essere fonte di contagio.

Per chi ha continuato a lavorare nei servizi essenziali è stato il silenzio del percorso verso il lavoro o di ritorno a casa, nelle strade innaturalmente vuote e accompagnati sempre da un pensiero: «porterò a casa il virus?»

Per i sacerdoti è stato quasi assordante il silenzio nelle chiese in cui non hanno potuto accogliere la comunità, negli oratori vuoti. Neppure hanno potuto assistere i morenti e i soli e accompagnare i cari defunti, se non con riti essenziali e austeri, sempre comunque dignitosi e partecipi.

Alcuni tra voi avevano il peso di decisioni da prendere, o da far rispettare. Per altri c’era il peso di non poter aiutare, di sentirsi inutili e soli. Altri hanno continuato a raccontare quello che succedeva, immagini e parole contro il silenzio dell’estrema insicurezza. La scuola ha continuato a distanza, almeno per chi era collegato in rete (ma troppi mancano, ancora, a questo appello). La solidarietà ha tentato di superare ostacoli vecchi e paure ed incomprensioni nuove.

Ora siamo ripartiti, alcuni più lenti, altri più veloci.

Non c’è più quel silenzio, siamo ritornati a vederci e a parlarci.

Ma abbiamo veramente vinto il silenzio?

Le celebrazioni delle Messe sono tornate in presenza del popolo, come devono essere. Ci sono limitazioni che ci pesano, anche se vi ringrazio di cuore per la grande responsabilità che state dimostrando, con grande spirito civico e cristiano. Riusciamo però a sentire una Parola che vinca il silenzio che abbiamo vissuto? C’è una Parola che risuona ora con più forza nel nostro cuore e nella nostra mente, che ci sostiene, o ci stimola a un cambiamento, o ci sorprende, o ci consola?

Gesù che è stato crocifisso, che è risorto, che vive,

ci ama e non ci abbandona, sta davvero accanto a noi,

tu lo senti accanto a te, noi ci fidiamo insieme di lui?

Lui ha vinto la morte.

Ci credo davvero?

E questa fede cambia la mia vita, la nostra vita?

Ho il profondo desiderio che questo grande ed opprimente silenzio venga vinto nella comunità cristiana almeno – ma che bello sarebbe se accadesse in tutta la società – da un nuovo dialogo e non da vecchio rumore.

Dalla preghiera da soli o in famiglia, dalle Messe a distanza, dalle letture che abbiamo riscoperto, dai faticosi scambi a distanza, dai nostri pensieri in questo tempo dilatato portiamo con noi qualcosa che non vorremmo dimenticare?

L’unico modo per non dimenticare è raccontare. Parlarci e raccontare.

Perché se io racconto e c’è qualcuno che mi ascolta, lui o lei mi sta accogliendo, dimostra che sono importante per lei, per lui e io contraccambio, donando ciò che mi è diventato importante, che mi è servito per vivere. Perché è così che ha fatto Gesù. Per salvarci ci ha raccontato come è il Padre nostro che è nei cieli. Gesù ha portato il cielo sulla terra raccontando le parabole, parlando dei gigli nei campi, dell’amministratore disonesto, del buon samaritano, del figliol prodigo e così via. Ma il grande racconto dell’amore del Padre sono i suoi gesti: Lui che guarisce, Lui che ridona la vista, Lui che allieta una festa di nozze con un vino nuovo, Lui che lava i piedi degli apostoli, Lui che muore sulla croce.

Anche noi possiamo raccontare così l’amore di Dio.

Ed è quello che vi chiedo di fare quest’estate.

Viviamo con serietà e impegno il mestiere e la professione,

siamo attenti e generosi verso chi è più in difficoltà tra noi.

Viviamo l’estate come un tempo di Chiesa. Nel lavoro e nel riposo. Prendendoci cura gli uni degli altri, e tutti insieme dei più deboli, dei più fragili, perché nessuno debba rimanere indietro.

Abbiamo spazi e possibilità per prenderci cura dei ragazzi e dei giovani, degli anziani, delle famiglie.

Dobbiamo farlo in modo intelligente, paziente, responsabile e coraggioso.

Le comunità siano creative e si aiutino tra di loro.

Ora viviamo il tempo d’estate nelle attività possibili, ma anche prendendoci spazi e tempi per il racconto e l’ascolto.

Per le indicazioni su come vivere il periodo di attività che seguirà l’estate ho chiesto lo stesso sforzo di racconto e di ascolto ai consigli e agli organismi della Diocesi. Il Consiglio presbiterale raccoglierà il punto di vista dei sacerdoti, il Consiglio pastorale diocesano quello delle comunità, delle parrocchie e delle collaborazioni pastorali. La Commissione per l’accompagnamento del cammino sinodale sta riflettendo su cosa possiamo prendere con noi di buono del lungo cammino sinodale che la Diocesi ha percorso negli ultimi anni per continuare davvero tutti insieme, come discepoli di Cristo in questo nostro tempo. Sarà importante il contributo dei laici associati e dei fedeli tutti. Ci farà bene sentire l’esperienza delle consacrate, dei consacrati e dei diaconi permanenti. Sarà un guadagno se riusciremo a dare ascolto all’esperienza che stanno facendo i missionari e le missionarie della nostra Diocesi che vivono la pandemia in contesti ben più critici del nostro e che potranno anche condividere lo sguardo e la voce di altre chiese, di altre povertà. Gli Uffici di curia aiuteranno a raccogliere i frutti di questo ascolto.

Se avremo la pazienza di questi passi, senza tornare a correre come se nulla fosse stato, potremo davvero prenderci cura insieme di una società che più che di ri-partire ha bisogno di ri-generarsi, di mettere al mondo vita nuova. Di diventare sempre più umana.

Non possiamo ripartire da vecchi schemi bensì da nuove solidarietà,

non da visioni dell’interesse personale che hanno fatto il loro tempo,

ma dalla comune responsabilità verso questo mondo meraviglioso

e fragile.

Ma tutto questo sarà possibile soltanto, e lo chiedo ancora a tutti noi, se ci fidiamo di Gesù Cristo. Che è stato crocifisso. Che è risorto. Che vive, ci ama e non ci abbandona. E che è fondamento sicuro di una speranza che non delude.

Uniti nella preghiera e nell’amore di Cristo

Treviso, 18 giugno 2020

✠ Michele, Vescovo

 

 

Una preghiera per tutti coloro che sono morti durante questo tempo

Una preghiera per tutti coloro che sono morti durante il periodo di sospensione, durante il lungo blocco di ogni attività e delle celebrazioni eucaristiche comunitarie, tra cui i funerali. Sarà recitata domenica nelle parrocchie, dai sacerdoti e dalle comunità cristiane.

Il Vescovo Michele, infatti, ha ritenuto di porre un segno diocesano, disponendo che nelle messe di domenica 14 giugno, solennità del Corpus Domini, in tutta la Diocesi si ricordino i morti di questo tempo di pandemia, affidandoli al Signore con una preghiera di intercessione. Lui lo farà in cattedrale, durante la celebrazione delle 10.30.

Lo scorso 27 marzo mons. Tomasi aveva fatto una preghiera particolare nel cimitero cittadino di San Lazzaro, da solo (nella foto). Una preghiera e la recita del Rosario meditando la morte in croce e la risurrezione di Cristo, e affidando al Padre tutti coloro che ci hanno lasciato senza che i propri cari e la comunità tutta potesse accompagnarli con la preghiera e la vicinanza. Mons. Tomasi aveva poi invocato lo Spirito perché portasse consolazione a quanti restano nel pianto e nel dolore. Infine, la benedizione delle tombe.

Un gesto di pietà e di preghiera che il vescovo aveva compiuto, in comunione con gli altri Vescovi italiani e con il Papa, e in particolare comunione di fede e di preghiera con la Diocesi di Bergamo, tanto colpita da questo male.

Ecco la preghiera che sarà recitata domenica 14 giugno

 

Solennità del santissimo corpo e Sangue di Cristo

14 giugno 2020

 

O Padre,

noi ricordiamo e ti affidiamo tutti coloro che sono morti e che hanno lasciato questo mondo nel lungo periodo di sospensione.

Preghiamo per i nostri cari che, colpiti dal Coronavirus, non hanno avuto accanto nessun familiare o amico.

Ti lodiamo per tutte le persone – medici, infermieri, operatori socio sanitari – che accanto a loro sono stati professionali e generosi, delicati e pietosi, vicini, talvolta con una preghiera o un segno di benedizione. Sempre profondamente umani.

Ti affidiamo tutti coloro che in questo tratto di strada non hanno potuto avere a salutarli che poche persone. La comunità – anche se distante – era presente in preghiera, e sempre con il sacerdote pastore.

Consola ed accompagna con la tua tenera misericordia chi è rimasto e non ha potuto rinnovare un saluto, chi è stato solo nelle lacrime e nel dolore, e nel rimpianto almeno di uno sguardo, di un tocco, di una carezza.

“Dio mio, Dio mio perché mi hai abbandonato?”. Essi ti rivolgono il grido stesso del tuo Figlio crocifisso.

Dona loro la grazia di sentire vicino il tuo Figlio risorto, e lo Spirito consolatore ci unisca tutti, nella beata speranza della Risurrezione: “Io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo”.

 

✠ Michele, Vescovo

 

L’eterno riposo dona loro Signore, e splenda ad essi la luce perpetua, riposino in pace. Amen

Io sono la risurrezione e la vita.
Chi crede in me anche se muore vivrà;
e chiunque vive e crede in me,
non morrà in eterno.

Beato Enrico da Bolzano: le celebrazioni diocesane per la festa del 10 giugno

Nonostante le difficoltà dovute alle restrizioni per contrastare la diffusione della pandemia, anche quest’anno Treviso vivrà la festa del beato Enrico con un nutrito programma di celebrazioni, promosso dalla diocesi e dalla Commissione “Eventi – arte – cultura” della parrocchia della Cattedrale.

Laico, povero e penitente, Enrico mendicava per le strade di Treviso redistribuendo ai poveri della città ciò che raccoglieva in elemosina. Un uomo che viveva una vita evangelica radicale, fatta di povertà e di penitenza, di preghiera e di straordinaria carità. Il suo corpo è custodito in un’urna collocata in Cattedrale, e a lui sono stati dedicati un tempietto a Treviso (in via Canova) e un oratorio a Biancade, dove visse con la famiglia.

E’ incerta la data della sua nascita nei sobborghi di Bolzano, che è da collocare verso la metà del 1200. Documentata è invece quella della morte: il 10 giugno 1315 a Treviso, accompagnata da miracoli che hanno diffuso la fama e la devozione della sua santità nelle Venezie e oltre.

Tra i monti Enrico faceva l’agricoltore e il vignaiolo. Forse fu la necessità economica di provvedere alla famiglia (aveva moglie e un figlio, Lorenzo) che lo convinse a scendere in pianura, nelle campagne dei conti Collalto. Prese dimora nei dintorni di Biancade, cambiando il mestiere in quello di boscaiolo.

“Quest’anno ci rivolgiamo al nostro beato per poter aiutare i poveri di sempre e gli impoveriti di questa pandemia” sottolinea il parroco della Cattedrale, mons. Giorgio Riccoboni.

 

Il programma

Mercoledì 10 giugno le celebrazioni iniziano alle 7.30, con la messa al tempietto del beato Enrico in via Canova, cui segue la messa in cattedrale alle ore 10, con venerazione delle reliquie; alle 17 i Vespri e la supplica al beato al tempietto; alle 18.30 la messa in cattedrale presieduta dal Vescovo, al termine della quale sarà benedetto il pane, secondo l’antica tradizione. Alla messa presieduta dal Vescovo, che sarà in diretta streaming sul canale YouTube della diocesi di Treviso, sono invitati (con il limite dei 200 posti previsti) gruppi, associazioni, confraternite ed enti dediti alla carità.

Nel corso della messa sarà eseguito, per la prima volta a Treviso, l’Inno in onore del Beato Enrico così come le popolazioni altoatesine lo conoscono: “O selger Heinrich, Sohn unserer Heimat” (O beato Enrico, figlio della nostra patria); al testo tedesco il Maestro di cappella della Cattedrale di Treviso, Michele Pozzobon, ha aggiunto una strofa in italiano, a sottolineare una comune devozione per questo Beato.

Durante tutto il giorno in cattedrale, presso l’altare del beato, si raccolgono generi alimentari per l’emporio “Beato Enrico” gestito dalla San Vincenzo e offerte per il Centro d’ascolto gestito dalla Caritas della collaborazione cittadina.

Il tempietto rimarrà aperto fino a mercoledì 17 giugno, dalle 9 alle 12 e dalle 16 alle 18.30. All’interno sarà disponibile l’itinerario di un pellegrinaggio, che si può fare individualmente, alle sette chiese care al beato Enrico.

Nell’occasione della festa è stato prodotto un video che narra la storia del beato e la sua vita di carità, un’eredità raccolta oggi da molte espressioni della Chiesa di Treviso, a cominciare dalla Caritas e dalla San Vincenzo.